L’allarme è stato lanciato nei scorsi giorni da Reuters; le fonderie di alluminio in Cina sono riuscite ad aumentare la produzione del 2,4% durante i primi due mesi del 2020.
Contemporaneamente, i produttori di semilavorati di alluminio a valle, sono rimasti chiusi a causa dei blocchi imposti dal governo causando un importante aumento delle scorte allo Shanghai Futures Ecxhange (SHFE).

Dalle 185.127 tonnellate di dicembre si è passati ad una scorta di 519.542 tonnellate e considerando il divario considerevole tra produzione e consumo, i livelli delle scorte potrebbero continuare ad aumentare fino all’estate.
In Cina, come in ogni altra parte del mondo, sembra del tutto improbabile che ci possa essere un aumento delle vendite visto che viene percepito il rischio di una nuova ondata di infezioni se le misure di controllo venissero allentate troppo rapidamente.
In un contesto così incerto diventa più chiaro il motivo per cui i prezzi dei metalli stiano scendendo in Cina più velocemente che nel resto del mondo. Il prezzo dell’alluminio al SHFE è sceso del 12% dall’inizio di gennaio, mentre al London Metal Exchange (LME) la discesa è stata solo del 6%.

Di solito, la sovrapproduzione in Cina finisce nell’esportazione di semilavorati ma considerata la probabile recessione dei mercati esteri potrebbe verificarsi per l’alluminio quello che accadde con la crisi finanziaria del 2008-2009.
Allora le tonnellate di alluminio in eccesso hanno costituito un freno ai prezzi dell’alluminio che non riusciva ad aumentare come gli altri metalli e se i produttori cinesi non dovessero intervenire il mercato dell’alluminio è destinato ad un lungo periodo di prezzi bassi che provocherebbero molti problemi alle fonderie occidentali che non riuscirebbero a competere con i prezzi dei produttori cinesi.

Serve un risposta immediata, uniforme e solidale ad una crisi economica senza precedenti che sta mettendo a repentaglio la sopravvivenza di molte aziende europee.